
Pietro Calabrese
Pausa sigaretta e zapping in tv. A RaiDue vedo di sfuggita Pietro Calabrese. Mi è subito tornato in mente che il primo incontro con il vero mondo del giornalismo è stato proprio con lui. All'inizio del 98 ho seguito la mia prima conferenza all'università e io ero una giovane matricola. Gli ospiti erano Pietro Calabrese - allora direttore el Messaggero - e Giancarlo Minicucci, direttore dell'edizione abruzzese. Pensandoci ora quelle sono state le due ore che hanno segnato - allora lo ignoravo - una parte della mia vita. Mi colpì subito la schiettezza dell'incontro. Ero fortemente convinta che i giornalisti fossero dotati di un alone di santità e misticismo: una casta decisamente superiore e consideravo la professione come una speciale elezione "divina".
Calabrese invece inizia il suo incontro con un dato statistico: i giornalisti sono la categoria più colpita dall'infarto (lo so che vi state toccando...). Minicucci poi prosegue in modo ancora più schietto dicendo che lui da "giovane" non era poi una così grande penna. Mi ricordo bene che in quell'istante quell'affermazione mi colpì perchè ero sempre convinta della mia povertà di scrittura. Al liceo ero bravina, ma niente di particolare. Avevo sempre pensato che nei miei geni, non c'era quello dello speciale del giornalista.
Poi si parlò di molte altre cose: dei gadget allegati ai quotidiani, di deontologia, di vita privata e carriera, di formazione etc. Tutto in modo molto chiaro, tecnico e decisamente molto poco mistico. Si parlò di routine, tempi tecnici e spazio. Infine per caso Minicucci accennò al fatto che qualcuno di noi poteva andare ad agosto nella redazione regionale del Messaggero per fare un pò d'esperienza. Nel frattempo io avevo iniziato il mio primo corso di giornalismo all'università e avevo scritto i miei primi pezzi. Lo facevo solo per dovere, non per passione. Arriva agosto e io - ahimè - avevo uno stupido amore giovanile nella stessa città in cui c'era il Messaggero e decido di cogliere l'occasione (ero l'unica che avesse deciso di passare le vacanze facendo uno stage) e provare la vita di redazione. Non perchè volevo scrivere ma perchè potevo passare le mie serate estive con il ragazzotto che mi piaceva.
Scoprii due giorno prima di partire che da 4 mesi mi stava mettendo le corna, ma ormai avevo preso un impegno con la redazione e dovevo andare. Da lì è iniziato tutto. La vita di redazione mi aveva subito appassionato e trascorrere del tempo con Minicucci fu un'esperienza formativa enorme. Conservo ancora i miei primi pezzi con i mille segni della penna rossa del direttore. E' inutile dire che quelle settimane sono state più importati di anni di studio e corsi universitari. L'esperienza on the road è essenziale. L'ultimo girono, quasi per regalo, mi fecero scrivere qualcosa di più del solito trafiletto e firmai il mio primo articolo.
Ora continuo per gioco -a volte mi prendono sul serio - questo lavoro. Quei giorni sono stati importanti per capire che quello di giornalista è un mestiere che s'impara solo facendolo. Un pò come il falegname - concedetemi questo paragone - che impara a modellare il legno solo piallando ogni giorno. Ora vado. La pialla mi aspetta.
0 Comments:
Posta un commento
<< Home