28.12.02

Communty power?
Mi sono chiesta se esiste un community power dopo aver letto il post di Fuori dal coro. Eccolo
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Elizabeth Osder, insegnante alla University of Southern California’s School of journalism, definisce i bloggers dei navel-gazers, letteralmente osservatori di ombelico, “interessanti quanto quegli amici che ti mostrano il loro album di ritagli”. Individualisti, insomma, che stanno tutto il tempo davanti a uno specchio virtuale.


Mi piace di più la definizione apparsa su Microcontent: quella di blogosfera. “Se con il passare del tempo la rete è il computer, così i blog sono diventati una rete. La blogosfera è diventata un’entità vivente, capace di comportamenti difficili da prevedere. Risponde sempre più alle caratteristiche di una colonia di formiche: ogni individuo è molto semplice, ma una colonia nel suo complesso è capace di comportamenti sofisticati. La blogosfera è una forza emergente nel personal publishing”.


E’ l’idea di una vera e propria comunità, composta forse sì da individualisti narcisi che però tendono a ritrovarsi fra simili e/o affini. Anch’io ho i miei blog di riferimento, commento gli interventi di chi commenta i miei e vado alla ricerca di nuovi soggetti che possano aderire ai miei interessi e alle mie opinioni. La colonna dei Preferiti nel mio browser si allunga ogni giorno: una blogosfera retta tendente a infinito.
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Risponde al mio post in modo impeccabile "Falso idillio".

Quello che mi viene da dire è che il termine community è un po' deboluccio. Si tratta di intrecci. Intrecci densi, intrecci più laschi. Figure reticolari che si addensano in certe zone, ma che soprattutto sono unite tra loro in maniera trasversale, per cui non bastano due dimensioni a descriverle (le comunità invece sono sempre bidimensionali). Ciò che da un punto di vista è un addensamento, da altri punti di vista lo vedi attraversato da linee che strutturano altri addensamenti posti su altri piani. Ognuno di noi appartiene e a un sacco di community, pezzi di sé sono qui e pezzi di là. L'antica unità e indivisibilità individuale del sé è del tutto destrutturata (e per certi versi questa è una conquista iperbolica). E d'altra parte gli intrecci sono intrecci di intrecci: un pezzo configura un nodo, ma un altro appartiene a un altro. Non si dà appartenenza univoca, né del sé, né delle configurazioni spaziali. E' evidente che a questo punto parlare di community rischia di essere fuorviante, almeno se ci si basa sul concetto sociologico di comunità di riferimento. Infatti non c'è un riferimento, ce ne sono infiniti.
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Community è troppo stretto.....
forse meglio parlare di "intercommunity"? O ancora meglio parlare di "sistema di communità". Forse scomodando la teoria dei sistemi ce la facciamo a cogliere la totalità del fenomeno.